L’IMPUTABILITA’ DEL MINORE di Christian Serpelloni

1.           L’imputabilità del minorenne è un tema complesso, in quanto chi lo affronta è costretto a muoversi tra principi in apparenza contrapposti, il cui punto di equilibrio non è di così immediata individuazione. Da un lato infatti è in gioco la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, e quindi l’evidente dannosità di un “precoce” ingresso da parte di un soggetto in piena evoluzione (con tutto ciò che questo significa sotto il profilo dello sviluppo della capacità di intendere e volere)  nel sistema penale, dall’altro lato invece emergono con forza, la cui intensità è variabile in relazione al momento storico che ci trova a vivere,  questioni securitarie sociali, con  il rischio di un utilizzo “ipertrofico” del sistema penale in funzione general e special preventiva.

 Come noto, il codice Rocco in tema di imputabilità minorile è risultato particolarmente refrattario a considerare le “specifiche peculiarità” dell’autore di reato minorenne, tanto che il legislatore, all’art 98 cp, si è limitato a statuire che il minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni è imputabile se “ha capacità di intendere e volere; ma la pena è diminuita”. In sostanza si è deciso di utilizzare la medesima categoria sistematica dell’imputabilità per adulti, con i relativi concetti di capacità di intendere e volere, salvo accordare al minorenne uno sconto di pena. Tale scelta, pur evidenziando la presa d’atto che la capacità di intendere e volere, se riferita a minori è nozione concettualmente diversa rispetto a quella utilizzata per gli adulti (del resto la formulazione dell’art 98 cp. lascia al giudicante l’apprezzamento circa la presenza nel minore delle predette capacità, in ragione del fatto che il processo di maturazione è graduale e non ha per tutti gli stessi tempi) è particolarmente avversata,  forse non a torto, da una parte della dottrina penalistica, la quale sottolinea come su di un istituto così rilevante non si sia operata una sufficiente differenza “concettuale” tra adulti e minori.[1] Sarebbe  soprattutto la capacità di volere a presentare notevoli problemi applicativi correlata all’imputato minore di età. Infatti se, in ragione dei consolidati approdi dottrinali e giurisprudenziali, per capacità di volere ci si riferisce alla autodeterminazione responsabile, la stessa, se riferita a minorenni, può essere di difficile individuazione, sia per i condizionamenti operati dall’ambiente esterno, ai quali un soggetto in formazione può faticare a resistere, sia anche per l’influenza derivante dall’appartenenza ad un gruppo sull’agire del singolo individuo minore di età. Il gruppo, l’aggregazione o la “gang” per usare un termine oggi molto comune, in ragione della forza di attrazione dallo stesso sviluppata e alla quale viene sottoposto “l’affiliato o aggregato” minorenne, potrebbe infatti costituire un fattore particolarmente ostativo, volto ad impedire la formazione di una autonoma volontà, nei confronti di chi lo subisce. Naturalmente il riferimento alle aggregazioni di giovani non è casuale, in ragione del fatto che l’adolescenza rappresenta l’età nella quale il gruppo dei pari acquista una importanza fondamentale, sia nel bene che nel male.

 Le scelte legislative in tema di imputabilità minorile, che potremmo definire non particolarmente sensibili nei confronti della condizione minorile stessa, sono state corrette dalla prassi, attraverso l’elaborazione del concetto di maturità o per converso di immaturità. Senza percorrere la lunga evoluzione del richiamato istituto di natura giurisprudenziale, ad oggi può affermarsi che la valutazione relativa all’accertamento della maturità del minorenne presuppone un paradigma integrato, così come richiamato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 17661 del 15.04.2010. Ciò che infatti dovrà essere considerato, ai fini dell’accertamento della maturità dell’imputato, sono tutti i fattori correlati alle condizioni socio ambientali del minorenne, al grado di istruzione e di educazione raggiunta dallo stesso, alla natura del reato commesso; al comportamento contemporaneo, antecedente e successivo al fatto, nonché all’età del minore al momento della commissione del fatto medesimo.

Richiamando quanto anticipato in apertura del presente lavoro, da qualche tempo a questa parte in tema di imputabilità del minore si possono notare delle vere e proprie oscillazioni all’interno delle stesse scienze comportamentali, tanto che  alcuni autori focalizzano la loro attenzione su uno sviluppo precoce della persona sollecitando un abbassamento dell’età imputabile[2], altri invece, di parere opposto, sottolineano come oggi si riscontri un assoluto rallentamento nel processo di assunzione di responsabilità, e auspicano uno spostamento in avanti della “soglia dell’imputabilità”[3]. Di particolare interesse, in materia, anche l’approccio neuroscientifico, volto a ricercare i criteri di natura biologica in grado di orientare la scelta di una età piuttosto che un’altra, per quanto attiene l’imputabilità.[4] Non aiutano poi ad effettuare una scelta consapevole le condotte di coloro i quali, per motivazioni che nulla hanno di scientifico, ciclicamente strumentalizzano singoli fatti di cronaca riguardanti episodi di criminalità minorile, sfruttando abilmente i mass media tanto da alimentare delle vere e proprie campagne di moral panic[5]. In realtà basterebbe consultare i dati statistici forniti con solerzia dal dipartimento per la Giustizia Minorile e di comunità per rendersi conto che, seppure in leggera crescita, probabilmente anche in ragione di un effetto post pandemico assolutamente prevedibile e previsto, i dati relativi ai minori e giovani adulti in carico ai servizi sociali minorili, da oltre dieci anni a questa parte, evidenziano un trend sostanzialmente costante.[6]

Lo sguardo poi al panorama internazionale conferma la complessità dell’argomento.  Possiamo infatti apprendere che il limite di età, al di sotto del quale non viene in essere la responsabilità penale dell’autore di reato, è ricompreso nei singoli Sati in una forbice piuttosto ampia[7]. Compulsando il Commento generale n 10 (I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in materia di giustizia penale) del Comitato sui diritti dell’infanzia, ci si avvede, al paragrafo n 30, che in media la soglia dell’imputabilità a livello internazionale oscilla tra un livello minimo di 7-8 anni e un livello massimo di 14-16 anni.  Ampliando il nostro orizzonte e ponendo mente alla normativa internazionale, un primo importante approdo in materia lo forniscono le Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile, comunemente riconosciute come Regole di Pechino[8]. In particolare nel predetto testo, il riferimento è alla regola 4.1, viene previsto che “nei sistemi giuridici che riconoscono la nozione di soglia della responsabilità penale, tale inizio non dovrà essere fissato ad un limite troppo basso, tenuto conto della maturità affettiva, mentale e intellettuale” del soggetto; prosegue poi evidenziando che “se l’età della responsabilità penale viene fissata troppo in basso, o se non c’è un limite minimo di età, la nozione stessa di responsabilità perderebbe significato”. Peraltro, come noto, le Regole di Pechino non prevedono l’indicazione di una soglia minima e sono un atto, seppur di grande lungimiranza e importanza, di indirizzo e quindi privo di efficacia vincolante. Lo stesso invece, sotto quest’ultimo profilo, non può dirsi della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo [9], ratificata con la legge 176 del 1991, che all’art 40 paragrafo 3 lett a) impone agli Stati di fissare una età minima al di sotto della quale si presume che i minori non abbiano la capacità di commettere reato. Purtroppo ancora una volta non vi è alcun parametro di riferimento, ma soccorre a tale riguardo, sotto il profilo interpretativo, al fine di scongiurare il pericolo, insito nell’art 40 par 3 di prevedere una soglia eccessivamente bassa, quanto prima citato nella Regola 4.1.  Infatti il Comitato sui diritti dell’infanzia, nel proprio Commento Generale n 10, oltre a richiamare la Regola 4.1 e ritenere “accettabile” la soglia dei 12 anni, ha espressamente incoraggiato gli stati firmatari a elevare progressivamente il predetto parametro, indicando come ottimale per la tutela dei diritti dei fanciulli la soglia dei 14-16 anni.[10] Anche il Consiglio D’Europa ha condiviso il monito proveniente dalla Regola 4.1 circa il non prevedere soglie di imputabilità troppo basse. Si rammenta inoltre la Raccomandazione CM/Rec (2008)11 del Comitato dei Ministri sulle regole europee per i minori autori di reato sottoposti a sanzioni o misure nella quale, tra i “Basic Principles” alla regola n 4, si trova l’esortazione acchè l’età minima, stabilita per applicare sanzioni o misure nei confronti di un minore  di età che commette un reato, non sia troppo bassa: “ shall not too low”. Come noto poi, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa è tornato sul tema in argomento nelle Linee guida per una giustizia a misura di minore (2010) ove, alla linea guida n 23, si può leggere che “il limite dell’età minima per la responsabilità penale non dovrebbe essere troppo basso e dovrebbe essere stabilito per legge”[11]. Al medesimo anno di pubblicazione delle “Linee Guida” (2010) risale una interessante interrogazione parlamentare, con la quale veniva sottoposta direttamente all’attenzione del Consiglio dell’Unione Europea, la questione dell’età minima imputabile negli Stati Membri[12].

Come abbiamo potuto constatare l’argomento non si presta a banali semplificazioni, peraltro l’attenzione rivolta alla statistica riguardante la devianza minorile, lo sguardo alla normativa nazionale, così come applicata in ragione degli approdi dottrinali e giurisprudenziali in materia, l’osservazione della disciplina sovranazionale e i recenti studi neuroscientifici, permettono, fondatamente di sconsigliare un abbassamento dell’età imputabile rispetto ai limiti oggi normativamente previsti nel nostro ordinamento giuridico. Ritenere  l’abbassamento dell’età imputabile uno strumento valido per combattere il fenomeno della devianza minorile avente riflessi di natura penale, significa ammettere il fallimento di un  intero “mondo adulto” che, incapace di ovviare al disagio manifestato da molti adolescenti, pensa di fornire una risposta allo stesso utilizzando lo strumento penale, andando così ad abdicare ancora più al proprio ruolo di “adulti significativi”.

                         Avv. Christian Serpelloni



[1] Ex plurimis: Cfr S.LARIZZA, Il minore autore del reato e il problema dell’imputabilità: considerazioni introduttive, in Il Difetto di imputabilità del minorenne, a cura di D. Vigoni, Torino 2016.


[2] G.GALUPPI-L. GRASSO, Infraquattordicenni: recrudescenza criminale e prspettive di modifica della normativa penale vigente, in Dir. Fam. Pers, 1993, p.747; G MARINUCCI-E DOLCINI, Manuale di diritto penale, parte generale, V ed., Milano, 2015, p 387; D. VIGONI, a cura di, Il difetto di imputabilità del minorenne, cit.


[3] F. DUNKEL, Il problema della criminalità minorile in Europa. Un confronto, in La nuova Giurisprudenza civile commentata, fasc. spec., Giustizia minore? La tutela giurisdizionale dei minori e dei giovani adulti, 2004; A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, IV ed., a cura di L. FADIGA, Bologna 2008, pagg. 525 -526


[4] CFR: A.CERASA, L’imputabilità del minorenne, in Diritto Penale Uomo, fasc. 11/2019. L’autore evidenzia che ” lo sviluppo cervello non segue un andamento regolare; al contrario i tempi necessari al neurosviluppo variano sensibilmente a seconda che si considerino le porzioni del cervello interessate dalla materia grigia o quelle interessate dalla materia bianca. Precisa inoltre come lo sviluppo di ogni centimetro di superficie corticale “pare abbia un proprio specifico andamento nel tempo, che spesso non segue criteri lineari o esponenziali e procede lungo traiettorie diverse che variano a seconda dell’età”. L’autore inoltre evidenzia come il comportamento delle persone non dipenda solo dal loro livello di maturazione cerebrale, in considerazione del fatto che ciò che fa la differenza a livello comportamentale è l’ambiente e il contesto di vita che permette al singolo giovane di crescere più o meno velocemente.  Cfr anche: A. Cerasa, F. Tomaiuolo, La scatola magica: all’origine delle neuroscienze, Hoepli Editore, 2019; R.C. Kessler, P. Berglund, O. Demler, R. Jin, K.R. Merikangas, E.E. Walters, Lifetime prevalence and age-of-onset distributions of DSM-IV disorders in the National Comorbidity Survey Replication, in Arch Gen Psychiatry, 62(6), 2005, pp. 593 ss.; P. Kochunov, L.E. Hong, Neurodevelopmental and neurodegenerative models of schizophrenia: white matter at the center stage, in Schizophr Bull, 40(4), 2014, pp. 721 ss.P. Legrenzi, C. Umiltà, Neuro-mania, il cervello non spiega chi siamo, Il Mulino, 2009.Y. Ostby, C.K. Tamnes, A.M. Fjell, L.T. Westlye, P. Due-Tønnessen, K.B. Walhovd, Heterogeneity in subcortical brain development: A structural magnetic resonance imaging study of brain maturation from 8 to 30 years, in J Neurosci, 29(38), 2009, pp. 11772 ss.A. Pfefferbaum, D.H. Mathalon, E.V. Sullivan, J.M. Rawles, R.B. Zipursky, K.O. Lim, A quantitative magnetic resonance imaging study of changes in brain morphology from infancy to late adulthood, in Arch Neurol, 51, 1994, pp. 874 ssJ.L. Rapoport, J.N. Giedd, S.P. Wise, Neurodevelopmental trajectories of the human cerebral cortex, in J Neurosci, 28(14), 2008, pp. 3586 ss.;.P. Shaw, N.J. Kabani, J.P. Lerch, K. Eckstrand, R. Lenroot, N. Gogtay, D. Greenstein, L. Clasen, A. Evans, J.L. Rapoport, J.N. Giedd, S.P. Wise, Neurodevelopmental trajectories of the human cerebral cortex, in J Neurosci, 28(14), 2008, pp. 3586 ss.X.N. Zuo, Y. He, R.F. Betzel, S. Colcombe, O. Sporns, M.P. Milham, Human Connectomics across the Life Span. In Trends Cogn Sci., 21(1), 2017, pp. 32 ss.


[5] In merito alla paura del crimine cfr. M BARBAGLI, La paura della criminalità, Il Mulino, Bologna 2002, pag 205.


[6]http://www.centrostudinisida.it/Statistica/statistiche_minori.html)(https://www.giustizia.it/giustiz...


[7] Per un approfondimento in materia si veda: E.PALERMO FABBRIS, La maturità del minore nel diritto penale, in La nuova giurisprudenza civile commentata, fasc.spec. cit, pag 58; In merito alle soluzioni adottate da Germania, Regno Unito, Portogallo, Spagna e Francia cfr.: LARIZZA, Il diritto penale dei minori, evoluzioni e rischi di involuzione, Cedam, Padova, 2005.

 L’esame della casistica internazionale permette di apprezzare come nei paesi dell’area di Common Law l’età imputabile si attesti su limiti più bassi rispetti a quelli di Civil Law. In particolare in Australia e in Sud Africa il limite previsto è di 10 anni ( cfr.: Crimes Act 1914 Part IA- General, art 4M; Criminal Code act 1995;), in Canada l’età imputabile si attesta ai 12 anni ( cfr. Criminal Code, Section 13), come anche in Irlanda ( cfr. Children Act 2001 Section 52). Su posizioni decisamente diverse si colloca il Brasile, nella cui costituzione all’art. 228 si legge che i minori di anni 18 non possono essere ritenuti penalmente responsabili e devono essere soggetti alle regole della legislazione penale minorile. La maggior parte invece dei paesi europei di tradizione giuridica contintale, prevede una soglia di imputabilità oscillante tra i 14 e i 16 anni: l’Austria prevede la soglia di 14 anni ( cfr. jungendgerichtgesetz par 1), lo stesso dicasi per la Bulgaria (cfr.: art 31 e 32 del Codice Penale), come pure per la Germania (par. 19 Strafgesetzbuch), e la Spagna (lei organica 5/2000). Il Portogallo invece prevede una soglia di 16 anni (cfr. art 19 Inimputabilidade em razao da idade del Codigo penal portugues). In Francia il trattamento dei minori autori di reato è differenziato in base al reato e vi è di fatto una assenza di una esplicita previsione di soglia minima. Interessante notare come gli ordinamenti tedesco, austriaco e greco prevedono, tra gli altri, che i giovani di età compresa tra i 18 e i 21 siano comunque sottoposti alla giurisdizione minorile)


[8] Un Standard Minimum Rules for the Administration of Juvanile Justice, A/RES/40/33, 96th plenary meeting, November 1985. Cfr la traduzione Italiana priva di ufficialità in Codice della giustizia penale minorile. Il minore autore di reato, a cura di D. Vigoni, Giuffrè, Milano 2005.


[9] La convenzione Onu firmata il 20 novembre 1989, è entrata in vigore il 2 settembre 1990 ed è stata ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n 176.


[10] Sui rapporti tra art 40 par 3 lett. a della Convenzione Onu, e Regola 4.1 delle Regole di Pechino, cfr. G. Van Bueren, The international Law and The Rights of The Child.


[11]E’ chiaro il riferimento all’articolo 4 delle Regole di Pechino, cit.


[12] L’interrogazione scritta E-0574/10 del 16 febbraio 2010 (in G.U.U.E., 7 maggio 2011, n C. 138 E) muoveva dal dibattito che in quel periodo si era sviluppato in Danimarca circa l’opportunità o meno di abbassare la soglia dell’imputabilità. Ad oggi il limite in quel paese è di 15 anni.